S’ciara de Comun

S’ciara de Comun

Preziosa testimonianza di microstoria cadorina nel cuore del gruppo delle Terze e Dolomiti Pesarine in uno dei diciassette “cuori eccellenti” delle Dolomiti che il gruppo di lavoro creato dalla Provincia ha candidato a patrimonio dell’umanità sotto la tutela dell’UNESCO.  Gli esperti hanno scelto anche questo sito tenendo conto delle formazioni geologiche, degli habitat naturali, della bellezza paesaggistica e della biodiversità, ma noi diciamo importante anche per la storia delle nostre comunità.

RITORNA ALLA LUCE A VIGO UNA “S’CIARA DE COMUN” 

Si  tratta di un grosso anello infisso nella roccia nel 1756 per  segnare  il confine tra Vigo e Lorenzago

Di WALTER MUSIZZA e GIOVANNI DE DONÀ

Pochi  ne  conoscevano  l’esistenza e tutti avevano dimenticato ormai  la  sua esatta  ubicazione.  La  tradizione orale aveva insistito  di  generazione  in generazione sulla sua presenza,  deformandone comunque funzione ed origine,  e molti avevano finito coll’esiliarla nel mondo delle favole. Intendiamo parlare di un’antica “s’ciara de Comun”, ovvero di un grosso anello (in dialetto appunto “s’ciara”),  del diametro di circa 30 centimetri, infisso con una staffa di ferro nella roccia,  in località “Cima le Pale da Campo”,  a quota m.2016,  sotto le “Crete di Mimoias” in Oltrepiave.  Il metallo  di uno spessore di poco meno di due centimetri, appare forgiato e battuto a mano e su di un lato reca inciso:  “CONF:  DEL:  COMUN:  DEL:  OLTRA:  PIAVE:  19:  LUL: P.1756”, mentre sull’altra faccia si legge (inciso a bulinatura): ”1756 C.D. LORENZAGO XD: T:O:E:L:”. Sotto  la “s’ciara”, inoltre, spicca “battuta” sulla viva roccia una  grande croce con le lettere: “ZDT + OEL 1756”. 

Il  merito del singolare ritrovamento è tutto di Martino Da Rin Zanco di Vigo che, ancora nel 1993,  sulla base di alcune incerte notizie fornitegli da un cacciatore comelicese, aveva dedicato molti mesi di tenace perlustrazione alla ricerca del prezioso  reperto,  in  una  regione  assai  poco  frequentata  da  turisti  e valligiani. Il ritrovamento è stato subito considerato assai importante dagli studiosi  di storia  locale, un oggetto singolare per la nuova luce che esso potrà prossimamente gettare sulle antiche confinazioni in Oltrepiave. 

Gli  anelli infissi nella roccia non sono certo una novità per il Cadore e  va ricordato per inciso che un’analoga “s’ciara” è stata ritrovata a suo tempo in Val  Visdende,  scatenando la fantasia popolare che non ha esitato  a  dedurne l’esistenza  di un lago o del mare in loco,  per cui l’anello sarebbe  servito nientemeno che…a legare le barche! Il  nostro  anello  d’Oltrepiave  (per  il  momento  unico  in  zona)  serviva senz’altro da confine, ma proprio per questo dovrebbe avere dei “compagni” non molto  lontani. L’erudito Antonio Ronzon, (del quale quest’anno cadono i 100 anni dalla morte)  entusiasta cantore della piccola patria, ci informa che  le  “s’ciare” dovevano essere in origine almeno tre nella zona di  Razzo. 

Nell’”Indicatore  Cadorino” Anno VII,  Lodi  1896,  egli  dice  testualmente (pag.75):  “Ecco  sotto i nostri piedi il verde terrazzo di  Piandesire…ecco più  lontano la malga da Campo e più in alto e più lontano ancora la malga  di Razzo…Alle tue spalle a sinistra hai la Valleinferna e le Crode di Sarenede, e  di fonte le ripide e boscose Pale da Campo e di Paladara,  che finiscono al Pian della Pera e dei Lazzi,  e al Col di S’ciaròn (cosi detto perché veramente tre grossi anelli (“s’ciare”) di ferro sono infissi nella roccia come  confine tra  la  Carnia e la provincia di Belluno),  e le piramidi  di  Mamoia,  Terza Grande e Terza Piccola”. 

Siamo andati alla ricerca del primo documento ufficiale in cui si registri una confinazione  in  questi  luoghi  ed abbiamo trovato che  esso  risale  al  22 febbraio 1384 (pergamena n.26 ARV.R. In Bibl.St.Cad. di Vigo) e riporta i nomi degli  arbitri  designati per la terminazione dei monti Fratta e  Campo  delle regole di Vigo e Lorenzago,  fra i quali un “Corrado de Crello”, un “Francesco da Corisello” e un “Leonis de Vicencia”. Il punto di partenza era fissato nella “Fons rubens” (oggi detta Fontana Rossa) nel tratto superiore del torrente Frison e la linea di demarcazione tendeva “recte per meridium” verso la roccia di croda, assegnando tutto il territorio verso mattina “versus mane” al Comune di Lorenzago. Le antiche carte segnalano altre confinazioni analoghe verso Lavardet, riguardanti però i fondi dei Conti Savorgnani e risalenti agli anni 1553-57.

Le nostre tre “s’ciare” vengono citate pure in un manoscritto del 1676 relativo ai “confini del regolado di monte”: “…fin dove detto rin di drio Losco ariva nell’acqua del Frison, et passando detta acqua del Frison ascende suso per il Monte a dritura ariva fino in cima la Croda (dove ora è stata effettivamente ritrovata), et da detta Croda andando via per la cima, o somità delle altre Crode ariva alla Croda, che è sora Paladara, e poi  zozo per detta Croda verso mezogiorno ariva in cima Paladara, ove è un termine  (forse un’altra “s’ciara”) … e poi a un capitello di muro fabricato appò la strada che va da Cadore in Cargna”.



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